La perdita ossea che segue invariabilmente la perdita dei denti comporta notevoli disagi, rendendo invalidante qualsiasi tipo di rapporto sociale con effetti negativi sulla qualità di vita.
A qualsiasi età la perdita dei denti rappresenta un evento traumatico perché cambia la percezione di sé, può spingere all'isolamento condizionando negativamente il rapporto con le altre persone, in alcuni casi, aumentando il rischio di depressione.
Oltre all'estetica, anche l'aspetto funzionale legato alla perdita dei denti incide fortemente sulla qualità della vita: danneggia la digestione a causa della masticazione compromessa, ma anche la postura. Inoltre, spesso, nei soggetti privi di denti e con marcata atrofia mascellare, la protesi mobile rappresenta un vero problema per la ridotta stabilità e ritenzione, aumentando notevolmente in ogni momento la mancanza di sicurezza in se stessi.
In passato l’approccio terapeutico verso l'atrofia ossea mascellare si orientava verso soluzioni molto invasive e debilitanti. Nei casi estremi l’inserimento degli impianti era possibile solo dopo aver effettuato importanti interventi di chirurgia ossea ricostruttiva, spesso prelevando l’osso da altre parti del corpo (cresta iliaca o la calvaria) o da altre zone della bocca (ramo della mandibola o mento). Ormai è noto però che questi interventi non sempre hanno portato a risultati ottimali, in quanto spesso gli innesti ossei possono ma potevano andare incontro a forte riassorbimento, compromettendo completamente il caso clinico. Inoltre, bisogna tener presente anche i tempi estremamente lunghi, i disagi post-operatori e la gestione difficoltosa, a volte impossibile, dei provvisori.
I progressi della scienza odontoiatrica sono tali da garantire oggi il ripristino di una solida dentatura anche nei pazienti che presentano gravi forme di atrofia dei mascellari con ridotte quantità di osso. Negli ultimi anni sono state proposte nuove tecniche chirurgiche (tecnica implantologica “All on 4”) a carico immediato, che prevedono l’inclinazione degli impianti convenzionali, in modo da evitare le strutture anatomiche deficitarie e sfruttare il volume osseo residuo a livello della premaxilla.
Tale strategia, permette di evitare quelle tecniche rigenerative, un tempo obbligatorie per l’inserimento degli impianti. Tuttavia, è possibile riscontrare quadri clinici in cui l’osso è talmente atrofico da impedire il posizionamento degli impianti convenzionali persino con le tecniche sopracitate. In questi casi estremi è possibile ricorrere agli impianti zigomatici.
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